CITAZIONE (Eindh @ 27/2/2009, 19:19)
Per prima cosa mi pare giusto dedicare un pensiero e un ringraziamento a tutte le persone che hanno permesso a questo testo di giungere fino ad oggi superando gli anni della censura cattolica. Mi hanno sempre affascinato questi monaci o sacerdoti Cristiani che nonostante avessero l'obbligo imposto dalla Chiesa di distruggere tutti i testi considerati blasfemi o eretici avevano la maturità e l'intelligenza di liberarsi di tali pregiudizi e salvaguardavano questi testi rari, a volte unici nel tentativo di preservarne e tramandarne l'esistenza.
Questa figura così dedita alla conoscenza pura al punto di metterla al di sopra degli obblighi impostigli dall'autorita che comunque servivano, è così profonda da sembrare quasi un personaggio di fantasia.
Concordo totalmente, queste figure per me rappresentano fonte di ammirazione ed ispirazione
CITAZIONE (Eindh @ 27/2/2009, 19:19)
Detto questo passiamo al libro.
Leggere i molteplici nomi con cui veniva (viene?) definito questo testo sacro mi trasporta nel regno del fantasy e mi riporta alla mente l'eterna (si fa per dire
) diatriba tra chi considera il fantasy un genere esclusivamente per bambini e chi invece non è d'accordo. I primi usano a sostegno della loro tesi che il fantasy è ricco di nomi infantili o fantasiosi, come boscoverde, lago d'argento, monti aguzzi, Gran Burrone (tanto per dirne uno famoso
), ma dimenticano che tutti i nomi, di ogni cosa, hanno avuto origine così.
Poi col passare del tempo, l'evoluzione della lingua ed il mescolarsi con altre lingue ha fatto si che si perdesse il valore descrittivo della maggior parte dei nomi. Ma in origine tutti i nomi avevano lo scopo di descrivere ciò che identificavano, come ancora oggi fanno: Monte Bianco, Monte Rosa, Ventimiglia, Cuneo, tanto per nominare i primi che mi vengono in mente...
Sapere che questo libro aveva nomi differenti che lo identificavano, mi regala una piacevole sensazione di mistero, avventura, magia... Insomma, di Fantasy.
CITAZIONE (Eindh @ 27/2/2009, 19:19)
Però vorrei sapere una cosa, quando dici che
CITAZIONE (Apu hau @ 24/2/2009, 17:34)
la maggior parte dei governatori spagnoli del Guatemala sono menzionati come successori degli antichi governanti maya.
Intendi dire che questo testo è stato modificato per far comparire i governatori spagnoli come i legittimi successori degli antichi governanti maya?
E se si perchè? Dato che tecnicamente ogni copia di questo testo avrebbe dovuto essere distrutta...
Più che “modificato” direi che il Popol Vuh è stato “continuato”, nel senso che, trattandosi di un testo in cui largo spazio è dedicato proprio alla descrizione delle generazioni degli antichi governatori maya, la maggior parte dei governatori spagnoli del Guatemala sono in esso menzionati come successori di questi. In realtà il perché è piuttosto semplice da immaginare...così facendo gli “autori” del Popol Vuh intendevano inserire i governatori spagnoli nella “nobile” discendenza maya, riconoscendo così la loro autorità.
CITAZIONE (Eindh @ 27/2/2009, 19:19)
Il serpente piumato l'ho già sentito nominare. Cosa sarebbe? Un Dio? E quale compito avrebbe?
Non mi sorprende che tu abbia già sentito nominare Serpente Piumato (noto ai più come Quetzalcoatl...questa è una delle sue rappresentazioni più note
); si tratta di una delle più antiche divinità mesoamericane (uno dei primi templi a lui dedicati è infatti quello di Teotihuacan, nel Messico Centrale, edificato intorno al 200 d.c.). Il Serpente Piumato è il mitico apportatore di civiltà, ma anche il primo maestro spirituale, che supera il peccato e trascende la materia per ridivenire Luce, bruciando le radici dell'Ego. Il Popol Vuh lo definisce come “un vero signore di genio”. Egli ha il potere di manifestare i suoi personali spiriti tutelari, trasformandosi in serpente, in aquila, in giaguaro o in una pozza di sangue, ascendendo al cielo o discendendo a Xibalba (“luogo della paura”...l'oltretomba insomma).
CITAZIONE (Eindh @ 27/2/2009, 19:19)
I primi quattro esseri terrestri erano tutti uomini? E di uguale "rango" sociale?
Il Popul Vuh inizia con la descrizione di un mondo in cui non c'è nulla, se non un cielo vuoto sopra e un mare calmo sotto. L'azione si avvia quando alle divinità che risiedono nel mare primordiale, dette Creatore, Modellatore, Portatore, Genitore, Cuore del Lago, Cuore del Mare, Sovrano Serpente Piumato, si uniscono le divinità che discendono dal cielo primordiale, dette Cuore del Cielo, Cuore della Terra, Fulmine Neonato, Fulmine Improvviso e Uragano. Questi due gruppi avviano un dialogo nel corso del quale concepiscono l'emergere della terra dall'acqua e la crescita di piante e persone sulla superficie della terra. Secondo un processo che chiamano “semina” e “alba”. Vi è infatti la semina dei semi nella terra, i cui germogli saranno la loro alba, ma anche la semina del sole, della luna, delle stelle, il cui difficile passaggio nelle viscere della terra sarà la notte, seguita dalla loro alba. Inoltre vi è la materia degli esseri umani, la cui semina nel grembo materno è seguita dalla venuta alla luce al momento della nascita e la cui semina nella terra al momento della morte sarà seguita dall'alba, quando le loro anime diventeranno scintille di luce nell'oscurità.
Per gli dei, l'idea della creazione degli esseri umani è stata concepita insieme a quella della terra stessa, ma essi falliscono nei primi tre tentativi di trasformare quest'idea in una realtà vivente. Vogliono esseri che sappiano camminare, lavorare e parlare in modo articolato e controllato, visitare santuari, portare offerte e chiamare i loro creatori per nome, tutto secondo i ritmi del calendario. Ma gli dei creano, nel primo tentativo, esseri che non hanno braccia per lavorare e che possono emettere solo suoni striduli, schiamazzi, ululati e i cui discendenti sono gli animali di oggi. Nella seconda prova essi creano un essere di fango, che è incapace di camminare o di girare la testa o addirittura di mantenere la propria forma; un essere solitario, che non può riprodursi e che alla fine si dissolve nel nulla (insomma si tratta di un essere che i miei bambini, a scuola, direbbero “non vivente”). Nel terzo tentativo, gli dei creano gli esseri di legno, che riescono a guardare e a parlare e si moltiplicano in maniera pressoché umana, ma sbagliano nel ritmare le loro azioni in modo ordinato e dimenticano di invocare gli dei con le preghiere. Uragano scatena sulle loro teste una catastrofe, non solo sommergendoli con una gigantesca tempesta, ma inviando dei mostri ad attaccarli. Anche i loro cani, i tacchini, gli attrezzi e le case insorgono contro di loro, vendicandosi per i maltrattamenti subiti in passato. I loro unici discendenti sono le scimmie, che abitano ancora oggi le foreste. Nel quarto ed ultimo tentativo (nel Popol Vuh narrato dopo altri episodi...ed assume quindi il sapore di un flashback) gli dei hanno notizia di una montagna piena di mais giallo e bianco, scoperta dalla volpe, dal coyote, dal pappagallo e dal corvo. Xmucane (personaggio che si incontra durante precedenti racconti nelle pagine del Popol Vuh) macina molto finemente il mais trovato in questa montagna, e la farina mescolata con l'acqua in cui si lava le mani, fornisce la sostanza per la carne umana. I primi ad essere modellati dall'impasto di mais sono quattro uomini chiamati Quitze Giaguaro, Notte Giaguaro, Non Subito e Giaguaro Scuro. Si tratta dei primi quattro capi dei lignaggi patrilineari quiche; come nel caso degli uomini che oggi occupano questa posizione, essi sono chiamati “madri-padri”, poiché in questioni rituali essi fungono da genitori simbolici androgini per tutti i membri dei rispettivi lignaggi.
CITAZIONE (Eindh @ 27/2/2009, 19:19)
Nel Popol Vuh viene spiegato cosa pensavano i Maya riguardo a ciò che li aspettava dopo la morte?
Nei vari racconti del Popol Vuh si fa spesso cenno all'oltretomba, così come agli spiriti ed agli dei. Provo a riassumere in breve quali erano le loro credenze relative all'aldilà.
Le divinità Maya erano caratterizzate perlopiù da connotati antropomorfi, fitomorfi, zoomorfi e astrali, e ognuna personificava una forza della natura.
Le figure divine più consuete erano dragoni, giaguari e serpenti. La figura più importante nel pantheon Maya era Itzamná, il dio del sole.
Le cerimonie religiose e i sacrifici, soprattutto animali e vegetali e raramente umani, erano fondamentali per saziare gli dèi e mantenere l'ordine cosmico. Secondo i Maya, come per quasi tutte le religioni, esisteva una vita dopo la morte, e di conseguenza erano necessarie cerimonie funerarie per aiutare lo spirito dei defunti ad arrivare nel regno dei morti.
I cadaveri ricevevano diversi trattamenti, come l’inumazione, la cremazione, l’esposizione all’aria o l’abbandono, e venivano sepolti in luoghi più o meno importanti a seconda della condizione dei loro proprietari quando erano in vita, ad esempio i governanti erano posti sotto le piramidi in grandi camere, i contadini nei campi e i sacrificati nelle fosse comuni.
I Maya consideravano l’uomo un essere duale, cioè costituito dal corpo e da una parte spirituale invisibile e intangibile, simile a quella degli dèi. A sua volta lo spirito si divide in due parti: una razionale, cosciente e immortale, che dimora nel cuore dell’uomo, e un’altra, impulsiva, incosciente e mortale che risiedeva in un animale selvatico. Questo alter ego animale non viveva con l’uomo, ma in una montagna misteriosa, nutrito e curato dagli dèi. Quando il corpo moriva, scompariva anche la parte animale, e rimaneva solo lo spirito razionale che prendeva dimora in uno dei tre regni dei defunti, a seconda della modalità della sua morte: i suicidi, i sacrificati, i guerrieri caduti in battaglia, le donne morte di parto, i re e i sacerdoti entravano nel Paradiso maya, un luogo beato, senza sofferenze e pieno di piaceri, sito appena sopra la Terra, in cui abbondavano cibo e bevande, dove scorrevano fiumi di latte e miele, e dove i bambini erano costantemente allattati da alberi dell’aspetto femminile. Al centro si trovava l’albero sacro, la ceiba, alla cui ombra si poteva riposare.
Il mondo inferiore accoglieva la maggior parte delle anime -ma soprattutto quelle dei malvagi- le quali vivevano un’esistenza irta di difficoltà e di continue prove da superare per opera dei diavoli.
Gli altri defunti finivano nel regno superiore e dovevano accompagnare il Sole nel suo cammino attraverso i cieli. Qui dimoravano anche coloro che avevano trascorso già molto tempo nel regno inferiore.
Poteva accadere che coloro che in vita occupavano un posto notevole nella società si trasformassero in divinità dopo la morte: questa credenza si può interpretare come un culto degli antenati, unico esempio in America Centrale.
Sui tre mondi della morte regnava il dio Giaguaro, signore della notte stellata.
Prima di essere sepolto il cadavere veniva avvolto in un sudario e gli si metteva in bocca del mais, perché oggetto sacro; sulla testa venivano poste delle lastre di pietra, carapaci di tartaruga o un vaso capovolto, con lo scopo di proteggere lo spirito, poiché si diceva uscisse dal corpo dalla fontanella del cranio; sul pube erano poste delle spine di razza per l’autosacrificio, come dono agli dèi; nelle tombe furono trovate anche unghie, ossa e denti di felini, probabilmente di giaguaro, che rappresentavano il viaggio del Sole nell’inframondo durante la notte, e quindi il viaggio che l’anima deve compiere nell’aldilà.
A volte si dipingeva di rosso il corpo del defunto: il colore rosso significava nascita, e veniva usato per propiziare la vita nell’oltretomba.
Insieme agli oggetti sacri, nelle tombe i Maya solevano mettere oggetti legati alla quotidianità, come vasi. I Maya credevano che anche gli oggetti fatti dell’uomo avessero uno spirito immortale, ed era proprio questa parte invisibile che le anime dovevano utilizzare; per questo gli oggetti venivano rotti, cioè “uccisi”.
Il dio della morte (AH PUCH, “LO SCARNIFICATO”) era rappresentato come un teschio, come uno scheletro con le costole sporgenti o, quando era ricoperto di carne, come un cadavere in decomposizione, gonfio e nero. Portava su tutto il corpo sonagli di tutte le misure.
A volte era dotato anche di occhi, e quindi percepito come un essere vivente. Questo fa capire che la morte non era pensata come il nulla, ma come un’energia, complemento di quella vitale. Veniva raffigurato mentre compiva azioni rituali, ad esempio sacrifici umani.
Era il Signore del livello più basso dell’inframondo.
Spero di aver risposto a tutto